sabato 14 settembre 2013

Cosa ne penso - Mark of the Ninja

È difficile, per me, parlare di Mark of The Ninja senza passare per una grupie 14-enne che si bagna vedendo Justin Bieber o gli One Direction dal vivo; è difficile frenare quell'entusiasmo e quella foga che troppo spesso è fonte di iperboli, frasi ad effetto e lodi sperticate. Nonostante ciò, è altrettanto difficile guardare Mark of The Ninja e non rimanere stupidi da come un titolo non AAA riesca a mostrare un livello di fattura e di attenzione ai dettagli talmente alto da far impallidire gli studios enormi che portano nelle nostre console i Dishonored e gli Hitman.



Il genere stealth è sempre stato un genere un po' complicato da realizzare con efficacia: da una parte, bisogna costruire dei sistemi di interazione complessi, capaci di offrire al giocatore varie possibilità con cui superare situazioni di aperto svantaggio; sia ti tipo numerico (quantità di nemici), sia di tipo qualitativo (i nemici sono più forti del personaggio interpretato); d'altra parte però la costituzione delle sfide che il giocatore è chiamato a superare devono avere una contestualizzazione quasi impeccabile, altrimenti il gioco perde la caratteristica "stealth" che lo contraddistingue per diventare, di fatto, un puzzle game con una veste stealth (come succedeva nei primi Metal Gear Solid o in Stealth Bastard), il cui il problema posto al giocatore diventa talmente arbitrario da richiedere una soluzione precisa per il suo superamento.


Per quanto riguarda il primo requisito, Mark of The Ninja dimostra che i ragazzi di Klei Entertainment hanno fatto bene i compiti a casa, studiando e assimilando le caratteristiche chiave che contraddistinguono il genere: condizioni di luce ed ombra, generazione di rumore, presenza di percorsi di pattugliamento, la possibilità di influenzare il comportamento della IA con diversivi e altro. Il passo successivo che rende MoTN speciale è l'unione di tutte queste meccaniche in un core gameplay di pregevole fattura, capace di infondere al giocatore una sensazione di sicurezza e di grazia uniche. Il ninja protagonista infatti è fragile e vulnerabile se scoperto, ma nello stesso tempo è il padrone incontrastato dell'elemento a cui appartiene, ovvero l'ombra.



Volteggiare sopra le teste di guardie ignare, arrampicarsi agilmente sulle pareti, nascondersi dietro un oggetto, uccidere una guardia sono tutte azioni che, nella loro semplicità, infondono un senso di potenza unico e, soprattutto, genuino, grazie soprattutto ad un sistema di controllo estremamente reattivo, che conferma la sensazione di interpretare un agente consapevole delle sue debolezze e dei suoi punti di forza, comunicati al giocatore anche grazie ad un sistema di feedback visivo che indica in maniera cristallina la condizione del giocatore e del mondo circostante. Camminare nel raggio di una fonte luminosa definirà il nostro avatar ai nemici e ai nostri occhi, mentre i rumori genereranno delle conde concentriche che rappresenteranno la loro diffusione.

L'altro grande punto di forza di MoTN è il level design. Guardando il titolo, si potrebbe pensare che l'utilizzo del 2D sia stata una scelta "castrante"; in fondo livelli ampi, movimento libero in 3 dimensioni e possibilità di cammini alternativi sono capisaldi del genere; eppure Mark of The Ninja riesce a ovviare a questa condizione proponendo un design "2.5D", in cui il protagonista potrà muoversi non solo in larghezza e in altezza, ma potrà utilizzare dei nascondigli che lo pongono in un livello di profondità diverso rispetto a quello del mondo circostante, ciò permette di avere diverse opzioni quando si vuole aggirare una guardia anziché elimina o stordirla.



Oltre a questo accorgimento, il level design di MoTN è versatile e propone una miriade di strade alternative, condotti e percorsi multipli che non solo danno un senso di libertà, ma stimolano l'invettiva del giocatore supportando egregiamente le diverse "vie" (ovvero skin alternative) che si possono scegliere. Questi costumi non sono modifiche meramente estetiche, ma applicano dei bonus/malus che costringono il giocatore ad approcci diversi: mentre la Via del Cacciatore permette di uccidere in un istante i nemici (ma non permette di portare con se distrazioni), la Via del Silenzio permette di correre senza far rumore e di portare 2 gadget tattici anziché uno, ma priva il giocatore della sua spada, costringendolo ad un approccio "pacifista", in cui il giocatore non potrà eliminare i suoi avversari ma dovrà evitarli.

Per quanto riguarda i livelli in se, il gioco aumenta la sfida proponendo, ad ogni quadro, un elemento ambientale da considerare: ad un certo punto, per esempio, ci ritroveremo a fronteggiare i nostri nemici durante un temporale, con la possibilità che i lampi illuminino la figura del protagonista; in un altro livello invece troveremo delle trappole ambientali che dovremo aggirare o innescare in sicurezza. A parte alcuni casi, in cui le soluzioni sono un po' troppo precise (causando quella sensazione da puzzle game di cui parlavo prima), questa evoluzione non sembra, per fortuna, mai troppo forzata o arbitraria.

In conclusione, Mark of The Ninja rappresenta un punto cardine dell'evoluzione del genere stealth: cementificando e solidificando le basi introdotte dai classici del genere (come Thief) e migliorandole con una sapiente rifinitura del core gamplay, il titolo di Klei costituisce un punto di non ritorno, un "benchmark" con cui ogni gioco futuro si dovrà confrontare


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