lunedì 30 settembre 2013

Cosa ne penso - Rogue Legacy

E' da un po' che ho finito Rogue Legacy, ma solo ora trovo il tempo di scriverne. se siete affetti dalla sindrome del "too long, didn't read" allora seguite il mio consiglio: compratelo. Per tutti gli altri, ecco il mio parere sul gioco.



Non ti prostrerai davanti a loro e non le servirai, perché io, l'Eterno, il tuo DIO, sono un Dio geloso che punisco l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano - Deuteronomio 5:9

La contestualizzazione della morte è sempre stata un fattore problematico nel mondo dei giochi moderni: se precedentemente lo scarso interesse verso la narrativa videoludica permetteva di trascurare il problema riducendo la morte del personaggio giocante ad un semplice “fail state” da cui ricaricare, oppure implementando un contatore di “vite” che conduceva al game over al suo esaurimento; oggi è sempre più difficile proporre questa visione semplicistica, poiché la morte del personaggio giocante  costituisce un punto di disconnessione, una interruzione del flusso narrativo del gioco che rischia di tirar fuori il videogiocatore dalla propria immersione.

Rogue Legacy contestualizza la morte del personaggio controllato dal giocatore ponendolo all’interno di una dinastia di nobili “reietti”. Dopo la morte del nostro re, accaduta nel suo castello magico per mano di Sir Johannes, starà alla nostra famiglia il compito di vendicare la morte di sua maestà, il che ci richiederà di superare le insidie e le trappore contenute in un dungeon continuamente mutevole, sconfiggendo i vice di Johannes per poi porre fine alla sua vita e al suo tradimento. Qualora il nostro eroe corrente dovesse morire nell’impresa, egli dovrà nominare un suo erede (scelto tra tre fratelli, diversi per abilità e caratteristiche), il quale erediterà il suo maniero, le sue ricchezze e l’ingrato compito di avventurarsi, a sua volta, in questa difficilissima avventura.



Dal punto di vista ludico, RL è un gioco d’azione 2D a scorrimento che pesca a piene mani da una serie interminabile di generi e titoli diversi: generazione di dungeon casuali alla Spelunky, presenze di nemici “spara bolle” presi direttamente dai maggiori bullet hell giapponesi, un gameplay incentrato sulla esecuzione simile alla serie Souls, in cui la progressione RPG-istica non è vista come un surrogato all’abilità del giocatore, ma più come un sistema di “estensioni”, che permettono al gameplay di arricchirsi con più possibilità, alcune delle quali (come la schivata e il doppio salto) sono necessarie per una buona navigazione nel mondo di gioco.



Sebbene il core gameplay renda l’idea di trovarsi di fronte a un gioco “vecchio”, Rogue Legacy aggiunge una sovrastruttura RPG-istica che, nella stessa linea di Don’t Starve, dimostra un concetto più “moderno” di permadeath: ogni volta che sceglieremo un erede infatti, egli erediterà il maniero della famiglia, e con questo tutti i potenziamenti fin’ora raccolti e acquistati dai suoi antenati. Questo sistema dà al gioco una profondità strategica non indifferente, poiché permette di incrementare la forza e le risorse di ogni erede tra una “vita” e l’altra, permettendo al giocatore di detenere una qualche forma di ricompensa dopo la morte del suo personaggio.



Nonostante questo sistema sia ben articolato però, non è esente da difetti: innanzitutto il maniero porta, in fin dei conti, solo 3 tipi di potenziamenti: i negozi, i quali danno delle funzionalità aggiuntive (cambio di equipaggiamento, utilizzo di rune di potenziamento etc.); nuove classi (oltre alle tre disponibili inizialmente), e potenziamenti incrementali, che aumentano in maniera lineare le caratteristiche dei nostri personaggi (più vita, più danno, più armatura etc.). sebbene i negozi siano necessari e sono acquistabili con estrema facilità, le altre due tipologie non sono esattamente entusiasmanti: da una parte, potenziare caratteristiche così semplici in maniera così lineare risulta noioso e poco ispirato, dall’altro l’organizzazione delle classi è, in fin dei conti, implementata in maniera discutibile, dato che ci sono classi apertamente migliori di altre. Se consideriamo inoltre in fatto che l’albero di potenziamenti è molto rigido, a volte dovrete spendere parecchi denari su roba inutile per ottenere ciò che vi serve realmente.



Questa disparità però ha un senso, poiché costringe il giocatore a considerare quale erede scegliere e a cosa mirare nella “run” corrente: i propri personaggi sono scarsi e presentano poche potenzialità ? Meglio scegliere il miner/spelunker, in modo da acquisire più risorse e provare a superare un boss fight con l’erede successivo, oppure scegliere un arcimago, in modo da navigare il dungeon per poi chiedere all’architetto di bloccarne la struttura per il prossimo pg, il quale si spera sarà un paladino o uno shinobi, capace di causare i danni necessari per distruggere i nemici più coriacei. 
Questo design non è problematico in se, ma è “castrato” da un albero tecnologico eccessivamente forzato e a volte contro intuitivo: perché devo sbloccare lo shinobi (il quale non può causare danni critici) per potenziare il critico che utilizzeranno tutte le altre classi ? Perché devo sbloccare l’arcimago per ottenere accesso allo spellthief (l’unica classe magica realmente utile) ?. Se l’albero fosse stato costruito in una maniera più ragionata, avrebbe ridotto la frustrazione dell’investire denari in power up potenzialmente inutili.

Nonostante questi difetti però è difficile ignorare quanta dipendenza possa creare RL: in maniera molto simile al “Ancora un turno !” di Civilization, RL sa cosa offrire ai giocatori, centellinando le ricompense e richiedendo una sfida semplice meccanicamente,  ma nel contempo brutale, il quale ci costringerà a morire spesso per scoprire quali siano i pattern di attacco, le possibili disposizioni delle stanze e le maniere più efficaci per navigare il dungeon di gioco. La morte, in RL, non è solo un miglior inizio, ma è soprattutto esperienza, apprendimento e test delle proprie capacità, un test grottesco che prima "tiene l'esame, e poi spiega la lezione".




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